Trasformare i rifiuti in cibo / 2 La tecnologia Hyst scende in pista

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Ecoseven.net aveva già parlato della tecnologia messa a punto da Umberto Manola che consente di ricavare dagli scarti alimentari un contenuto proteico per l’uomo e un restante prodotto da destinare agli animali. Leggi nell’articolo come si differenzierà il trattamento per l’uomo e per gli animali

Una tecnologia che tende la mano destra all’industria e la mano sinistra ai paesi poveri. Così da riequilibrare le cose. Tutto questo utilizzando gli scarti agricoli per convertirli in alimenti animali e umani attraverso la tecnologia Hyst. “Il progetto Hyst nasce dall’intento di un gruppo di persone – 190 investitori – che fanno parte dell’associazione ’Scienza per l’amore’ il cui obiettivo è cercare nuove tecnologie che possano essere messe a disposizione dell’umanità” spiega ad Ecoseven.net Daniele Lattanzi, responsabile diffusione tecnologia Hyst. Il primo progetto scientifico che è stata seguito è quella dell’ingegnere Umberto Manola che permette di lavorare qualunque tipo di biomassa per ottenere alimenti destinati all’alimentazione animale, umana o da destinare a energie alternative. “Abbiamo creduto da subito all’ingegnere Manola, anche lui intento a mettere a disposizione la tecnologia per le popolazioni che soffrono carenze alimentari”, prosegue Lattanzi. “Finanziando la ricerca con alcuni milioni di euro”. Si tratta di un sistema che disaggrega le strutture vegetali consentendo di ottenere frazioni arricchite di proteine e micronutrienti da isolare a seconda delle differenti destinazioni d’uso. Per l’alimentazione destinata all’uomo il procedimento prevede che si parta dai sottoprodotti dell’industria alimentare (crusca) per ottenere un 20 per cento di farina ad alto contenuto proteico. Il restante 80 per cento viene comunque ri-destinato all’alimentazione animale. Per quanto riguarda invece l’alimentazione animale si parte dai foraggi per ottenere foraggi di maggiore qualità. La cosa importante è che la tecnologia consente di lavorare sia prodotti che sottoprodotti “rivalutando gli scarti”.
La parte operativa del progetto sarà ora gestita dall’associazione ’Scienza per l’amore’ composta da persone che hanno devoluto tempo e soldi per seguire le ricerche di diversi scienziati. Dei quali Manola è stato il primo. “L’associazione applicherà concretamente la tecnologia in Africa, a partire dal Senegal” prosegue. “Vorremmo far partire un settore di impianti in Europa per investire, con gli introiti ricavati da questo commercio, in impianti che daremo gratuitamente alle popolazioni africane. Per questo simultaneamente con una mano cerchiamo le aziende dei paesi industrializzati, con l’altra cerchiamo rapporti con i paesi poveri”. Dopo anni di ricerca, e dopo il primo convegno all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza nel 2009, “abbiamo cominciato ad avere le prime relazioni con il Senegal, e nel frattempo siamo stati contattati dalle aziende del settore molitorio, mangimistico e dell’energia alternativa legate alla produzione di biogas”, conclude Lattanzi. Ma interesse è stato manifestato anche da Polimeri Europa del Gruppo Eni e da Federchimica. (Nereo Brancusi)

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