Sostanze chimiche pericolose nell’abbigliamento e nell’attrezzistica outdoor

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Un rapporto di Greenpeace per far luce sulle aziende che vendono i prodotti da indossare per sfuggire all’inquinamento che, a quanto pare, sono inquinanti

Continuiamo a muoverci per il mondo sommersi dai soliti paradossi: pensiamo che fare una passeggiata in mezzo alla natura sia un ottimo modo per sfuggire all’inquinamento della città e prendere un po’ d’aria fresca; poi, però – purtroppo – si scopre che gli equipaggiamenti ai quali gli appassionati di sport outdoor si affidano per stare al caldo, all’asciutto e al sicuro, nascondono elementi che possono danneggiare gli ambienti incontaminati che si stanno esplorando. 

L’associazione ambientalista Greenpeace ha recentemente pubblicato un rapporto nel quale racconta dei test che hanno mostrato la presenza di sostanze chimiche in queste attrezzature: su 40 campioni, ben 36 (tra abbigliamento, calzature, zaini, tende e sacchi a pelo di una serie di marchi diversi) sono risultati essere composti da prodotti chimici  perfluorurati e polifluorurati (PFC). Questi composti sono utilizzati per il trattamento delle superfici, per renderle resistenti all’acqua e allo sporco, ma queste sostanze chimiche sono dannose per l’uomo e l’ambiente. 

Lo scorso settembre, Greenpeace ha chiesto ai rivenditori di rivelare se i prodotti chimici erano stati utilizzati e, dal momento che i rivenditori non confermato questa eventualità, l’associazione ha chiesto al pubblico di votare per scegliere i prodotti sui quali si sarebbero effettuati i test (è sulla base di questa votazione che sono stati selezionati i 40 articoli da controllare). Alla luce dei risultati, è stato chiesto ai marchi l’eliminazione graduale – entro il 2020 – di queste sostanze dal loro processo produttivo.

Il rapporto di Greenpeace, pubblicato il 26 gennaio di quest’anno, mette in guardia contro l’impatto ambientale della PFC, visto che queste sostanze possono rimanere nell’ambiente per molti anni dopo il loro rilascio e, infatti, sono disperse per tutto il globo (anche in posti impensabili: luoghi remoti, fegati degli orsi, sangue umano).

Il fatto che almeno 4 dei campioni siano risultati liberi da questi prodotti chimici (si tratta delle giacche di Vaude e Jack Wolfskin, di uno zaino di Haglöfs, e un paio di guanti di The North Face) dà speranza: dimostra che una produzione «sana» è possibile, che esiste un futuro verde per questo settore, per far sì che contribuisca davvero a legare le persone con la natura.

E.C.

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