Expo ed educazione alimentare: il ruolo della psicologia

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L’educazione alimentare non basta. Quale il ruolo della psicologia ad Expo delle idee?  

 

A dare il via ad Expo 2015 sarà ‘Expo delle idee’, un momento cruciale, con , 42 tavoli tematici, per portare oltre ai contenuti, idee per la ‘Carta di Milano’, strumento di conoscenza e intervento che si rivolgerà, per la prima volta nella storia delle esposizioni universali direttamente ai cittadini, alle associazioni, alle istituzioni e alle imprese. E proprio nell’ambito di ‘Expo delle idee’ si è parlato anche di psicologia. L’occasione è giunta dal tavolo “Mondo obeso e malnutrito: salute, malattie e disturbi alimentari” presidiato dal noto Dietologo Giorgio Calabrese e che ha avuto come partecipante tra gli altri, Isabel Fernandez, psicologa e psicoterapeuta, Presidente dell’associazione EMDR Italia e EMDR Europa. Il contributo, condiviso con il Presidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia Riccardo Bettiga e realizzato in rappresentanza di tutta la comunità professionale, ha portato a riflettere su come sia impossibile separare l’aspetto dell’alimentazione e dell’obesità dagli aspetti psicologici e come sia fondamentale affrontare il tema del benessere psicologico nell’ambito di qualsiasi intervento per una “buona” alimentazione.

È necessario realizzare azioni concrete e strutturate di intervento sulla problematica, da lanciare e concretizzare grazie alla forza mediatica di Expo 2015. La conoscenza della “questione alimentare” deve passare attraverso il contributo delle professionalità, in primis quella psicologica, che sono indispensabili per comprendere, trovare soluzioni ed arginare il problema.

Secondo le stime del WHO 2008 più di 1.4 miliardi di adulti, da 20 anni in su, sono sovrappeso, di questi, più di 200 milioni di uomini e quasi 300 milioni di donne sono obesi, quindi, complessivamente, più del 10% della popolazione adulta del mondo è obesa. Secondo i dati raccolti nel 2010 dal sistema di sorveglianza Passi, in Italia il 32% degli adulti è sovrappeso, mentre l11% è obeso. In totale, oltre quattro adulti su dieci (42%) sono cioè in eccesso ponderale.  

Nel 2012, più di 40 milioni di bambini sotto I 5 anni erano sovrappeso o obesi.

Se da un lato l’organismo umano è stato allenato nel corso dell’evoluzione a resistere alla fame e alle carestie, è certamente meno preparato a fronteggiare l’abbondanza e la disponibilità di cibo. L’idolatria culturale della magrezza presente nella società occidentale attuale mette inevitabilmente in rapporto il mangiare con il Sé corporeo e con la cultura estetica socialmente dominante e ciò ha una ricaduta immediata sull’identità, sul valore personale e sul senso di adeguatezza. La bellezza è legata ad un corpo in forma e un corpo in forma è a sua volta legato all’alimentazione. In un momento storico in cui il cibo è sovrabbondante e l’alimentazione si è arricchita di grassi, assieme ad un costante invito “pubblicitario” ad eccedere nell’assumerlo, ecco che il corpo e il cibo divengono facilmente la sede per esprimere un disagio sociale e psicologico. La nutrizione quindi, accompagnandosi alle nostre esperienze relazionali e ai nostri vissuti più intimi, dalla nascita, con l’allattamento, sino alla vita adulta, rappresenta un momento centrale della nostra caratterizzazione psichica.

L’obesità ad esempio, può essere vista soltanto come la conseguenza, il marker estetico di un problema. Il contributo dello psicologo è invece in grado di far emergere e comprendere il nucleo del disagio e la sua natura storica e individuale e intervenire su questo a livello preventivo e/o terapeutico.

A partire da questa analisi nasce la proposta per la Carta di Milano: un legame inscindibile tra benessere psicologico e buona alimentazione; la necessità di un lavoro prospettico che parta dall’infanzia all’età adulta intervenendo nella scuola e nelle istituzioni per utilizzare la competenza psicologica nel trattare in una prospettiva evolutiva il comportamento alimentare; lo studio e il monitoraggio dello sviluppo dell’immagine corporea e delle preoccupazioni riguardanti la forma e il peso corporeo; l’importanza di identificare i disturbi alimentari già in età infantile.

 

Questo darebbe un grande contributo alla risoluzione di un problema complesso e profondamente psicologico che, se non arginato e compreso, assumerà aspetti ancor più drammatici di quelli attuali. 

gc

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